Villocentesi: differenza con amniocentesi, quando farla, i rischi e i risultati
La villocentesi è un esame di screening invasivo per la diagnosi prenatale di patologie trasmesse per via genetica.
Si tratta di un esame che prevede il prelievo dei villi coriali dalla placenta materna.
La villocentesi
La villocentesi è indicata nelle donne in gravidanza in determinate condizioni:
- tutte le donne con età uguale o superiore ai 35 anni alla data presunta del parto;
- quando gli esami di screening di I livello, quali ecografia con translucenza nucale, bitest e analisi del DNA fetale su sangue materno hanno riportato un alto rischio per patologie malformative;
- in caso ci sia familiarità per patologie genetiche gravi nella coppia;
- in caso di altri figli affetti da patologie genetiche cromosomiche.
La villocentesi prevede il prelievo sotto guida ecografica dei villi coriali, che rappresentano la parte più esterna della placenta.
La metodica è completamente ambulatoriale e non prevede l’utilizzo di anestesia.
La procedura prevede 4 fasi principali:
- valutazione ecografica della sede ottimale per la puntura;
- disinfezione della cute;
- puntura transaddominale (più utilizzata) o transcervicale;
- aspirazione del campione coriale sotto guida ecografica continua.
L’esame ecografico preliminare è fondamentale in quanto, oltre all’individuazione del punto più idoneo per la puntura, permette di escludere che ci siano eventuali controindicazioni relative o assolute all’esecuzione dell’esame, come la presenza di miomi uterini o anomalie dell’utero.
Dopo circa un’ora dal termine dell’esame viene effettuata un’ulteriore ecografia per valutare il benessere fetale.
Villocentesi o amniocentesi
La villocentesi e l’amniocentesi sono entrambe metodiche invasive.
Se da un lato l'amniocentesi prevede il prelievo di liquido amniotico, la villocentesi come detto precedentemente, si basa sul prelievo dei villi coriali placentari.
Il principale vantaggio rispetto all’amniocentesi risulta la possibilità di esecuzione in età gestazionale più precoce: l'amniocentesi, infatti, può essere eseguita solo tra la 15° e la 18° settimana di gestazione.
I rischi intrinseci delle due procedure, se eseguite correttamente e in epoca gestazionale adeguata, risultano essere più o meno simili e si attestano intorno all’1-0.2%.
Quando fare la villocentesi
La villocentesi deve essere eseguita necessariamente entro il terzo mese di gravidanza, in particolare è indicata l’esecuzione dell’esame dopo la decima settimana di gestazione, tra l’11° e la 13° settimana.
È fondamentale che vengano rispettate le tempistiche di esecuzione dell’esame, in quanto eseguirlo precocemente o tardivamente ne aumenta fortemente i rischi.
I rischi della villocentesi
La villocentesi è una procedura ad oggi sicura, seppur non esente da rischi.
Il rischio principale, che rimane molto basso, è quello di perdita del feto, che ad oggi si attesta a 1-0.2 casi ogni 100-200 villocentesi eseguite.
Bisogna sottolineare che tra la 10° e la 12° settimana esiste comunque il rischio di aborto spontaneo, indipendentemente dall’esecuzione della villocentesi, per cui questo dato risulta senza dubbio sovrastimato.
Nelle ore e nei giorni successivi all’esecuzione dell’esame sono possibili:
- crampi uterini;
- sanguinamento leggero dai genitali;
- febbricola.
Questi sintomi, quando di lieve entità, non devono spaventare la donna, per cui sono da considerare come normali e possibili.
Se invece i sintomi diventano più severi, si consiglia di contattare il medico curante.
I risultati
Una volta prelevati, i villi coriali vengono analizzati in laboratorio.
Il patrimonio genetico presente nei villi è identico a quello embrionale: per tale motivo l’analisi dei villi permette di studiare i cromosomi embrionali ed evidenziare eventuali anomalie fetali.
Per la determinazione del cariotipo fetale è necessaria la coltura cellulare e per questo devono essere rispettati dei tempi specifici per ottenere il referto, che sarà disponibile dopo circa 15 giorni.