La chirurgia per l’epilessia: indicazioni, tecniche chirurgiche e risultati attesi

La chirurgia per l’epilessia è un’opzione terapeutica avanzata indicata per pazienti affetti da epilessia farmacoresistente, cioè una forma in cui le crisi epilettiche non sono controllabili con i farmaci antiepilettici.
La chirurgia per l’epilessia

Si tratta di un intervento neurochirurgico che ha l’obiettivo di eliminare o ridurre significativamente la frequenza delle crisi, migliorando la qualità di vita dei pazienti che non rispondono alle terapie convenzionali.
La scelta di un trattamento chirurgico viene sempre effettuata dopo un’accurata valutazione clinica e strumentale da parte di un team multidisciplinare specializzato in epilessia.
Quando si ricorre alla chirurgia per l’epilessia
La chirurgia viene presa in considerazione in presenza di epilessia focale, in cui le crisi originano da un’area ben definita del cervello.
Il trattamento è particolarmente indicato quando:
- le crisi persistono nonostante l’uso appropriato di almeno due farmaci antiepilettici;
- la zona epilettogena è localizzata e può essere rimossa senza compromettere le funzioni cognitive o motorie del paziente;
- le crisi compromettono la vita quotidiana, con rischio di traumi, isolamento sociale o declino cognitivo.
È importante sottolineare che non tutti i pazienti con epilessia sono candidati alla chirurgia. Alcune forme generalizzate o multifocali non sono trattabili con intervento chirurgico e richiedono altri approcci terapeutici.
Tipologie di chirurgia epilettica
Esistono diverse tecniche chirurgiche, che variano a seconda della sede e della natura della zona epilettogena.
Le principali sono:
- resezione focale;
- disconnesione cerebrale;
- emisferectomia;
- chirurgia palliativa di stimolazione.
Resezione focale
La resezione focale consiste nella rimozione del tessuto cerebrale da cui originano le crisi.
È la tecnica più comune e include procedure come:
- la lobectomia temporale anteriore (per l’epilessia del lobo temporale mesiale);
- la lesionectomia (rimozione di lesioni visibili come tumori o malformazioni).
Disconnessione cerebrale
Questa tecnica viene scelta quando non è possibile rimuovere il tessuto epilettogeno, ad esempio perché coinvolge aree cerebrali eloquenti. In questi casi, si interrompono le vie attraverso cui le scariche epilettiche si propagano.
L’intervento più noto è la callosotomia, in cui viene sezionato parzialmente o totalmente il corpo calloso, ovvero la struttura che collega i due emisferi cerebrali. L’obiettivo è limitare la diffusione delle crisi da un emisfero all’altro, soprattutto nelle forme generalizzate con cadute improvvise (drop attacks).
Emisferectomia
Riservata a casi selezionati, soprattutto in età pediatrica, questa procedura prevede la disconnessione funzionale di un intero emisfero cerebrale (solitamente già danneggiato da una patologia preesistente).
L’intervento, noto come emisferectomia funzionale, non implica l’asportazione completa dell’emisfero, ma la sua esclusione dal circuito elettrico cerebrale.
È indicato in condizioni come sindrome di Rasmussen o emiplegie epilettiche congenite.
Chirurgia palliativa con stimolazione
Quando non è possibile rimuovere o disconnettere l’area epilettogena, si può ricorrere alla neuromodulazione, con l’obiettivo di ridurre la frequenza e l’intensità delle crisi.
Le due principali metodiche sono:
- stimolazione del nervo vago (VNS), che prevede l’impianto di un generatore sotto la clavicola collegato al nervo vago, con stimolazione ciclica;
- stimolazione cerebrale profonda (DBS), che prevede l’impianto di un elettrodo in specifiche aree cerebrali (come il talamo anteriore), in modo da modulare le reti neuronali coinvolte nell’epilessia.
Valutazione pre-operatoria
Prima dell’intervento, il paziente deve essere sottoposto a una fase di studio approfondita, che può durare settimane o mesi. Questa valutazione pre-chirurgica comprende:
- monitoraggio video-EEG prolungato, per registrare le crisi e identificarne con precisione il punto di origine;
- risonanza magnetica ad alta risoluzione, per evidenziare eventuali lesioni cerebrali strutturali;
- PET o SPECT cerebrale, per valutare l’attività metabolica e il flusso ematico cerebrale durante e tra le crisi;
- test neuropsicologici, per comprendere il funzionamento cognitivo del paziente e prevedere l’impatto dell’intervento;
- mappatura corticale con stimolazione diretta, nei casi in cui la zona epilettogena è vicina ad aree eloquenti come quelle del linguaggio o del movimento.
Tutti questi esami sono fondamentali per minimizzare i rischi dell’intervento e aumentare le probabilità di successo.
Benefici e risultati attesi sulla chirurgia dell'epilessia
La chirurgia per l’epilessia può portare a risultati eccellenti, soprattutto nei pazienti selezionati correttamente. In molti casi, è possibile ottenere una scomparsa completa delle crisi (remissione) o una riduzione marcata della loro frequenza.
I vantaggi principali sono:
- eliminazione o drastica riduzione delle crisi epilettiche;
- riduzione della necessità di farmaci antiepilettici e dei loro effetti collaterali;
- miglioramento della qualità della vita, autonomia e inserimento sociale;
- nei bambini, possibilità di recupero dello sviluppo cognitivo e motorio compromesso dalle crisi.
La percentuale di successo dipende dalla localizzazione della zona epilettogena e dal tipo di epilessia. Per esempio, nell’epilessia del lobo temporale mesiale, oltre il 70-80% dei pazienti può diventare libero da crisi.
Operazione epilessia rischi
Come per ogni intervento neurochirurgico, anche la chirurgia dell’epilessia comporta dei rischi, che possono includere:
- deficit neurologici transitori o permanenti (linguaggio, memoria, forza);
- infezioni, emorragie o complicanze legate all’anestesia;
- modifiche dell’umore o del comportamento.