La spondilosi: tipologie, sintomi, cause, diagnosi e percorso di cure
La spondilosi è un’artrosi generalizzata della colonna vertebrale.
Questa malattia degenerativa colpisce il 50% degli uomini over 50 e il 90% delle donne over 60.
La spondiloartrosi è una malattia di tipo degenerativo che non deve essere confusa con la spondilite (infiammazione acuta o infezione).
È una condizione che viene percepita in modo molto diverso da persona a persona, in quanto la sintomatologia clinica è davvero eterogenea. Si parla di:
- spondilosi lombare, quando il dolore coinvolge la parte lombare della colonna vertebrale;
- spondiloartrosi diffusa o spondilosi completa, quando interessa tutta la colonna vertebrale;
- spondilosi cervicale, quando la regione interessata è quella cervicale.
Questa condizione patologica, infine, è diffusa principalmente tra i pazienti in età adulta avanzata.
La spondilosi
La spondilosi o spondiloartrosi consiste in una lenta e progressiva degenerazione che coinvolge tutte le strutture ossee e legamentose della colonna vertebrale.
Comporta la lenta deformazione:
- del disco intervertebrale;
- dei corpi vertebrali;
- delle articolazioni vertebrali posteriori;
- dei tessuti paravertebrali adiacenti.
Questa patologia a carico della colonna vertebrale è generalmente collegata alla disidratazione dei dischi intervertebrali ed è responsabile del consumo dei processi articolari posteriori.
L'osteofitosi
L'osteofitosi e la spondilosi sono spesso correlate, soprattutto quando si tratta di condizioni degenerative della colonna vertebrale.
L'osteofotisi è un termine medico che si riferisce a un processo di formazione di tessuto osseo in zone del corpo dove normalmente non si formerebbe, come nei muscoli, nei tendini o in altri tessuti molli. Questo processo è anche noto come ossificazione ectopica o eterotopica. Può verificarsi in seguito a traumi, interventi chirurgici, o come conseguenza di malattie genetiche come la fibrodysplasia ossificans progressiva (FOP).
L'osteofotisi può causare dolore e limitazione dei movimenti se si sviluppa in aree che interferiscono con le articolazioni o i muscoli. La gestione e il trattamento dell'osteofotisi possono includere terapie farmacologiche, la rimozione chirurgica dell'osso anomalo o la fisioterapia per mantenere la funzionalità muscolare e articolare.
Nella spondilosi, l'usura dei dischi e delle articolazioni vertebrali provoca una maggiore pressione sulle ossa, stimolando la formazione di osteofiti. Questi osteofiti possono ridurre il movimento dell'articolazione e portare a rigidità, ma anche causare compressione delle strutture vicine, come i nervi spinali, provocando sintomi come dolore, formicolio o debolezza negli arti.
In sintesi, l'osteofitosi è una conseguenza comune della spondilosi, soprattutto nelle fasi avanzate della malattia, e rappresenta una risposta del corpo al deterioramento delle strutture articolari.
I sintomi della spondilosi
I sintomi della spondilosi sono:
- dolore cervicale o mal di schiena di entità moderata o lieve;
- dolore in posizione eretta;
- debolezza muscolare;
- possibile sensazione di formicolio o addormentamento alle mani o ai piedi (parestesie);
Nel corso del tempo possono comparire anche altri sintomi.
- difficoltà nei movimenti con riduzione dell’autonomia di marcia;
- dolore irradiato (collo, gambe, glutei e testa);
- mal di testa;
- senso di instabilità posturale;
- sensazioni di nausea;
- minore elasticità della colonna vertebrale;
- ridotta capacità di resistenza alle sollecitazioni;
- minore capacità di ammortizzare.
Infine, se la spondilosi è localizzata nel tratto dorsale della colonna può non portare nessun tipo di sintomatologia dolorosa.
Le cause
Le cause della spondiloartrosi sono generalmente multifattoriali.
Ad una predisposizione individuale (familiarità), si associano una serie di fattori legati alle abitudini di vita e ad eventuali traumi specifici:
Oltre a questo, possono influire:
- lavori pesanti;
- traumi acuti;
- traumi ripetuti;
- interventi chirurgici (come la discectomia).
Tra i fattori di rischio, oltre agli sforzi ripetuti negli anni, contribuiscono patologie vertebrali, osteo-articolari e reumatiche come:
- artrite reumatoide;
- artriti di vario genere;
- spondilosi anchilosante;
Ulteriori fattori di rischio sono anche:
- vizi posturali (cifosi, lordosi, scoliosi);
- sovrappeso e obesità.
La diagnosi
La spondilosi, oltre all’esame obiettivo, si può diagnosticare tramite:
- scintigrafia ossea;
- risonanza magnetica;
- radiografia della colonna (sotto carico, in posizione eretta);
- tomografia computerizzata (TC).
Le cure per la spondilosi
I trattamenti per la spondilosi possono essere di tipo:
- preventivo;
- conservativo (farmacologico e fisioterapico/osteopatico);
- chirurgico.
Prevenzione
Per la prevenzione è importante agire sulle abitudini di vita e sulla correzione della postura.
Il controllo del peso, uno stile di vita attivo e una corretta attività sportiva (che limiti lo stress meccanico/articolare sulla colonna) sono tutti elementi fondamentali per limitare il rischio di comparsa e di peggioramento dei sintomi iniziali.
Trattamento conservativo
Per il controllo dei sintomi acuti è possibile ricorrete a farmaci antinfiammatori o analgesici.
È comunque fondamentale agire anche a livello muscolare e articolare per ridurre la contrattura muscolare correggendo la postura con una serie di terapie:
- ginnastica posturale o rieducazione posturale globale;
- massaggi decontratturanti;
- ginnastica funzionale;
- trattamenti con macchinari specifici (tecar terapia, TENS, Laser, applicazioni di calore);
- impiego di collari o busti;
- correzione della postura valutando anche eventuali patologie e/o dismetrie a livello degli arti inferiori e del bacino.
Intervento chirurgico
Il trattamento chirurgico è riservato a quei pazienti nei quali il trattamento conservativo non sia risultato efficace.
Un’attenta valutazione dei sintomi, del quadro radiologico e degli eventuali segni neurologici è fondamenta per offrire ad ogni paziente il percorso diagnostico-terapeutico più appropriato.
In alcuni casi è utile eseguire procedure percutanee per trattare il dolore o per meglio identificare le cause di tale sintomatologia (blocchi faccettali, infiltrazioni epidurali o foraminali).
Nel caso sia necessario procedere con un intervento chirurgico, la procedura viene scelta sulla base dei sintomi del paziente e prevede:
- la decompressione delle strutture nervose (per es. laminectomia e discectomia);
- l’eventuale stabilizzazione vertebrale (artrodesi), per bloccare le vertebre la cui instabilità è responsabile dei sintomi.
Tali interventi vengono normalmente eseguiti con:
- tecniche mininvasive per la riduzione del trauma sulle strutture articolari e muscolari e per una rapida ripresa postoperatoria delle attività quotidiane;
- neuronavigazione per un posizionamento più accurato e sicuro dei mezzi di sintesi (per la stabilizzazione vertebrale);
- monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio, per verificare costantemente le funzioni neurologiche del midollo spinale e delle radici nervose.