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Home / Approfondimenti / L’asportazione della prostata: indicazioni e tecniche chirurgiche

L’asportazione della prostata: indicazioni e tecniche chirurgiche

L'asportazione della prostata è eseguita principalmente per trattare il carcinoma prostatico o per la cura dell'iperplasia prostatica benigna.
3 Gennaio 2025
Approfondimenti
asportazione prostata roma

L'asportazione della prostata, nota come prostatectomia, è un intervento chirurgico eseguito principalmente per trattare il carcinoma prostatico localizzato, ma anche per la cura dell'iperplasia prostatica benigna che causa complicazioni non risolvibili con trattamenti meno invasivi.

L'asportazione della prostata

asportazione prostata

L'intervento alla prostata comporta l’asportazione totale o parziale della ghiandola prostatica e, in alcuni casi, dei tessuti circostanti.

Le indicazione per l'asportazione della prostata

La prostatectomia è indicata in una serie di situazioni cliniche, tra cui:

  • carcinoma prostatico localizzato, per rimuovere completamente la ghiandola quando il tumore non si è diffuso ad altre parti del corpo;
  • ingrossamento prostatico benigno (iperplasia prostatica benigna), nei casi in cui provoca gravi ostruzioni urinarie che non rispondono ad altre terapie;
  • complicanze legate alla prostata, come infezioni ricorrenti o formazione di calcoli vescicali causati dall’ostruzione urinaria cronica;
  • sospetto di tumore alla prostata non risolvibile con tecniche diagnostiche minimamente invasive, in cui la rimozione permette anche un’analisi approfondita del tessuto.

Tumore alla prostata

Il tumore alla prostata è caratterizzato da una crescita incontrollata delle cellule della ghiandola prostatica, dando origine a uno o più noduli neoplastici.

Durante la sua progressione, il tumore può infiltrare la capsula prostatica e svilupparsi localmente, estendersi ai linfonodi – le prime strutture coinvolte nella diffusione extra-prostatica – e, infine, propagarsi ad altre parti del corpo attraverso il sangue o il sistema linfatico, dando luogo a metastasi.

Nella maggior parte dei casi, il tumore alla prostata è un adenocarcinoma, ovvero un tumore che origina dalle cellule che rivestono le ghiandole prostatiche.

Circa il 70% di queste neoplasie si sviluppa nella parte posteriore della ghiandola, lontano dall’uretra, motivo per cui, nelle fasi iniziali, il paziente spesso non manifesta sintomi urinari o segni ostruttivi.

Diagnosi

La diagnosi del carcinoma prostatico si basa su una valutazione clinica approfondita e una serie di esami specifici, che permettono all’urologo di individuare la presenza del tumore e determinarne lo stadio.

  • Esame del PSA: il test del PSA (antigene prostatico specifico) è uno degli strumenti principali per la diagnosi precoce del carcinoma prostatico. Si tratta di un semplice esame del sangue che misura i livelli di PSA, una proteina prodotta dalla prostata. Valori elevati possono indicare la presenza di un tumore, ma anche essere associati ad altre condizioni, come iperplasia prostatica benigna, prostatiti, infezioni o recenti manovre mediche come cateterismi vescicali ed esplorazioni rettali. Per questo motivo, è consigliabile eseguire il test prima della visita urologica.
    Un parametro importante nella valutazione del PSA è la densità prostatica, che aiuta a distinguere meglio tra condizioni benigne e sospette;
  • Esplorazione rettale digitale (ERD): l’esplorazione rettale digitale è un esame fisico rapido che permette al medico di rilevare eventuali irregolarità o noduli sulla superficie della prostata.
    Pur essendo meno preciso rispetto ad altri test diagnostici, l’ERD fornisce indicazioni utili per individuare anomalie sospette e, in combinazione con il PSA, aiuta a determinare la necessità di esami di approfondimento, come la risonanza magnetica multiparametrica (mpMRI);
  • Risonanza magnetica multiparametrica (mpMRI): la risonanza magnetica multiparametrica è un’indagine avanzata che fornisce immagini dettagliate della prostata, consentendo di individuare eventuali aree sospette (aree PIRADS). Questa classificazione, che va da 1 a 5, indica la probabilità che un'area della prostata contenga cellule tumorali.
    L’mpMRI è particolarmente utile per guidare una biopsia mirata e per valutare l’eventuale estensione del tumore nei tessuti circostanti;
  • Biopsia prostatica: se i risultati del PSA, dell’mpMRI e/o dell’ERD suggeriscono la presenza di un tumore, il passo successivo è la biopsia prostatica. Questo esame consiste nel prelevare piccoli campioni di tessuto dalla prostata per analizzarli al microscopio.
    La biopsia consente di confermare la presenza di cellule tumorali e di determinarne l’aggressività attraverso il punteggio di Gleason, un sistema di classificazione che valuta la probabilità di crescita e diffusione del tumore.

Iperplasia prostatica benigna

Più della metà degli uomini over 60 anni presenta difficoltà significative nell’urina.

L’iperplasia prostatica benigna (IPB) è la causa più comune di tali disturbi urinari.

Sebbene sia una condizione benigna e non tumorale, se non diagnosticata e trattata correttamente, può compromettere significativamente la qualità della vita del paziente.

Le tecniche chirurgiche mininvasive, come l’uso dei laser Holmio e Thullio, o, nei casi più complessi, la chirurgia robotica, sono efficaci nel risolvere l’ostruzione causata dall’ingrossamento prostatico che comprime l’uretra, e sono particolarmente utili per i pazienti che non rispondono adeguatamente ai farmaci.

Diagnosi

La diagnosi dell’IPB inizia con una visita urologica completa, finalizzata a escludere altre condizioni, come il cancro alla prostata, che può coesistere con l’IPB ma si sviluppa in aree diverse della prostata:

  • colloquio e esplorazione rettale: consentono di valutare il volume, la consistenza e la morfologia della prostata, oltre a escludere eventuali segni di infiammazione o noduli sospetti;
  • diario minzionale e questionario IPSS: strumenti utili per raccogliere informazioni sulla sintomatologia e monitorare l’evoluzione dei sintomi;
  • dosaggio del PSA: la misurazione del PSA (Antigene Prostatico Specifico) aiuta a valutare il rischio di tumore prostatico. Tuttavia, livelli elevati di PSA non sono un indicatore definitivo di cancro, poiché possono essere alterati da altre condizioni come infezioni o esplorazioni rettali recenti;
  • ecografia: utilizzata per valutare le dimensioni e la morfologia della prostata e per monitorare la presenza di complicanze come calcoli o diverticoli. Può anche essere impiegata per misurare il residuo post-minzionale;
  • uroflussometria: misura il flusso urinario durante la minzione, fornendo informazioni sulla gravità dell’ostruzione;
  • esame urodinamico: valuta la funzione della vescica e l’ostruzione urinaria, utilizzato soprattutto nei casi di sintomi severi o complessi.

Tecniche di asportazione della prostata

Esistono diverse tecniche chirurgiche per l'asportazione della prostata. La scelta dipende dalle caratteristiche del paziente, dall’esperienza del chirurgo e dalla natura della patologia.

Si può intervenire con:

  • prostatectomia radicale;
  • adenomectomia transvescicale robot assistita

Prostatectomia radicale robotica

La prostatectomia radicale robotica è l’intervento più comune per il carcinoma prostatico localizzato.

Durante questa procedura, vengono rimosse la prostata e le vescicole seminali, oltre a una parte dei tessuti circostanti.

Prevede l’utilizzo di piccole incisioni e strumenti chirurgici inseriti attraverso l’addome e l'utilizzo di un sistema robotico controllato dal chirurgo. Permette maggiore precisione, una riduzione dei tempi di recupero e un minor rischio di complicanze.

Adenomectomia transvescicale robot assistita

L’adenomectomia (o prostatectomia semplice, per traduzione letterale del nome anglosassone “simple prostatectomy”) è una tipologia di intervento non endoscopico, che si riserva per prostate particolarmente voluminose, laddove l’enucleazione endoscopica (ThuLEP o HoLEP) non possa essere proposta al paziente.

Tradizionalmente veniva eseguita a cielo aperto, incidendo la cute sopra il pube e asportando l’adenoma prostatico per via transvescicale (con incisione della vescica) o attraverso la capsula prostatica (tecnica di Millin), dopo averlo scollato con il dito.

Per via dell’alto numero di complicanze conseguente a questa tecnica a cielo aperto (il 20-25% dei pazienti necessita di trasfusioni nel post-operatorio a causa dell’elevato rischio di sanguinamento), negli ultimi anni è stata introdotta la prostatectomia semplice robot assistita (o adenomectomia robotica).

Anche in questo caso si asporta solamente la porzione “centrale” della ghiandola prostatica e si lascia in sede la parte più periferica, anatomicamente adesa alle strutture vascolari e nervose responsabili dei meccanismi di continenza urinaria ed erezione.

Oltre a garantire gesti chirurgici estremamente precisi grazie ai micro-movimenti degli strumenti e alla visione tridimensionale, con l’approccio robotico si è in grado di coagulare in maniera adeguata i tessuti e di ridurre in maniera drastica il rischio di sanguinamenti, di complicanze e di degenza post-operatoria.

Recupero post-operatorio

Il recupero dall'asportazione della prostata varia in base alla tecnica utilizzata e alle condizioni individuali del paziente.

Dopo l’intervento, il paziente rimane ricoverato per uno o più giorni, a seconda della complessità della procedura. Durante questo periodo, vengono monitorati il dolore, la ripresa delle funzioni urinarie e la cicatrizzazione della ferita.

Dopo l’intervento, è comune l’utilizzo di un catetere urinario per consentire la guarigione delle vie urinarie. Il catetere viene solitamente rimosso dopo 1-2 settimane.

Monitoraggio post-operatorio

Dopo l'asportazione della prostata, è essenziale un follow-up regolare per monitorare la salute del paziente e verificare l’assenza di recidive tumorali. Gli esami includono:

  • test del PSA (antigene prostatico specifico), per identificare eventuali segni di recidiva tumorale;
  • visite periodiche con il medico curante e il chirurgo, per valutare la ripresa delle funzioni urinarie e sessuali.

Ritorno alle attività quotidiane

Il paziente può riprendere gradualmente le attività quotidiane entro 4-6 settimane dall’intervento, mentre sforzi fisici intensi devono essere evitati per almeno due mesi. La riabilitazione comprende esercizi per migliorare la continenza urinaria e, se necessario, trattamenti per recuperare la funzione sessuale.

Asportazione prostata conseguenze

Le conseguenze più comuni della prostatectomia includono:

  • incontinenza urinaria, frequente subito dopo l’intervento, ma che migliora nel tempo con esercizi specifici per rafforzare i muscoli del pavimento pelvico;
  • disfunzione erettile, in particolare se durante l’intervento non è stato possibile preservare i nervi che regolano l’erezione. La disfunzione può essere trattata con farmaci, dispositivi meccanici o terapie specifiche.
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