Il blocco atrioventricolare: gradi, sintomi e cura
Il blocco atrioventricolare è un difetto cardiaco dato da problemi nella conduzione degli impulsi elettrici al cuore, nella porzione compresa tra atrio e ventricolo.
Prima di entrare nel dettaglio è necessario illustrare brevemente il sistema di conduzione elettrica del cuore, per poter comprendere in che modo si verifica e quando è necessario il trattamento.
Il blocco atrioventrincolare
Le contrazioni del cuore avvengono a seguito del passaggio di un impulso elettrico nel sistema di conduzione del cuore.
Questo è costituito da:
- il nodo senoatriale (pacemaker naturale);
- il nodo atrioventricolare;
- il fascio di His;
- le fibre di Purkinje.
Il nodo senoatriale produce l’impulso elettrico, che passa successivamente per il nodo atrioventricolare, rallentandolo: questo è necessario per consentire la contrazione di atri e ventricoli in maniera consecutiva.
Da qui, il fascio di His conduce l’impulso elettrico dal nodo atrioventricolare alle fibre di Purkinje, connesse direttamente ai ventricoli, alla velocità di circa 80 millisecondi.
È un meccanismo perfettamente bilanciato, per cui un rallentamento del passaggio dell’impulso elettrico può portare a un blocco atrioventricolare, valutato in base al rallentamento tramite elettrocardiogramma.
Il blocco atrioventricolare si presenta quando si verifica un rallentamento degli impulsi elettrici, in particolar modo dal nodo atrioventricolare e nel fascio di His.
La gravità viene valutata in base al rallentamento riscontrato, classificando l’anomalia in 3 gradi.
Blocco atrioventricolare di 1° grado
Nel blocco atrioventricolare di 1° grado si riscontra un ritardo di pochi millisecondi nel passaggio degli impulsi elettrici all’altezza del nodo atrioventricolare, che riescono comunque a raggiungere i ventricoli.
È comune negli atleti e nei giovani, non mostrando nella maggior parte dei casi alcun sintomo.
Blocco atrioventricolare di 2° grado
Nel blocco atrioventricolare di 2° grado non tutti gli impulsi elettrici riescono a raggiungere i ventricoli, per cui si manifestano alterazioni a intermittenza.
La frequenza cardiaca può risultare rallentata o irregolare, in alcuni casi può, invece, mostrare entrambe le anomalie.
Si distingue, inoltre, tra:
- tipo Mobitz I, in alcuni casi asintomatico, raramente trattato con pacemaker;
- tipo Mobitz II, patologico e spesso sintomatico, che richiede l’impianto di pacemaker.
Quest’ultima tipologia può evolvere il blocco atrioventricolare di 3° grado.
Blocco atrioventricolare di 3° grado
In questo caso non è presente la comunicazione tra atri e ventricoli, per cui il ritmo ventricolare viene gestito dal nodo atrioventricolare: ne risulta un meccanismo funzionante, ma più lento e con numerose irregolarità.
Il blocco atrioventricolare di 3° grado è più grave, compromettendo il sistema di pompaggio del cuore: in alcuni casi i battiti ventricolari possono anche raggiungere la frequenza di 30 battiti al minuto.
Le cause
Secondo i dati statistici viene riscontrato maggiormente nella popolazione anziana.
Detto ciò, le cause che ne favoriscono l’insorgenza, oltre all’avanzare dell’età, sono:
- fibrosi cardiaca, in cui il cuore risulta più rigido e meno contrattile;
- nervo vago ipertonico, che rallenta la conduzione nel nodo atrioventricolare;
- disturbi della funzione delle valvole cardiache (valvulopatie);
- cardiopatie coronariche (coronaropatie), in particolar modo le cardiopatie ischemiche;
- difetti cardiaci;
- assunzione di farmaci che rallentano la conduzione elettrica.
I sintomi del blocco atrioventricolare
Nella maggior parte dei casi il blocco atrioventricolare è asintomatico, eccetto per quanto riguarda il 2° grado di tipo Mobitz II e il 3° grado.
I sintomi maggiormente riscontrati sono:
- svenimenti;
- capogiri;
- stanchezza;
- affaticamento facile.
La cura del blocco atrioventricolare
I blocchi atrioventricolari di 1° grado non richiedono un trattamento specifico, in quanto il sistema di conduzione alterato non compromette le funzioni di pompaggio del cuore.
Nei casi di 2° grado tipo Mobitz II e di 3° grado può essere necessario l’impianto di pacemaker.
Ad ogni modo, il sistema compensatorio che si viene a creare può sostenere una frequenza cardiaca accettabile anche per diversi anni: va, tuttavia, tenuta sotto controllo, per cui sarà lo specialista a valutare l’eventuale impianto di pacemaker.