L’alzheimer: i sintomi, le cause e il percorso terapeutico
L'Alzheimer è una patologia neurodegenerativa, considerata la forma più comune di demenza senile nei pazienti over 65.
Ha un decorso clinico progressivo e in alcuni casi può avere un esordio precoce, manifestandosi anche intorno ai 50 anni.
La malattia di Alzheimer colpisce circa il 5% della popolazione al di sopra dei 65 anni e circa il 25% degli anziani con più di 85 anni.
Esiste una forma più rara di Alzheimer precoce detta anche Alzheimer giovanile, che colpisce persone tra i 30 e i 60 anni di età e rappresenta una percentuale tra il 5% e il 10% di tutti i casi clinici riscontrati.
L'Alzheimer
L'Alzheimer è una patologia caratterizzata da un processo neurodegenerativo che causa un deterioramento irreversibile di quelle che sono le funzioni cognitive principali, ovvero:
- memoria (vuoti di memoria);
- attenzione;
- ragionamento;
- linguaggio.
È una malattia che compromette progressivamente l’autonomia e la capacità di svolgere le normali attività giornaliere nei pazienti che ne sono affetti; può essere suddivisa e catalogata in tre stadi, che ne descrivono l’avanzamento nel paziente:
- iniziale;
- intermedia;
- finale.
I sintomi dell’Alzheimer
I sintomi iniziali dell'Alzheimer sono:
- perdita di memoria;
- disturbi del linguaggio;
- impoverimento lessicale;
- disorientamento spazio-temporale;
- episodi di confusione;
- sbalzi repentini dell’umore;
- modifica comportamentale.
Detto ciò, le manifestazioni sintomatologiche sono estremamente variabili da paziente a paziente, in quanto interessano nello specifico la memoria e il comportamento.
Bisogna, dunque, prestare particolare attenzione ai sintomi precoci dell’Alzheimer, tra i quali la perdita di memoria è il principale e più subdolo: questo sintomo si presenta dapprima in forma lieve, poco significativa e rilevabile, per poi divenire sempre più grave e irreversibile.
Le cause dell’Alzheimer
Le cause dell’Alzheimer non sono ancora state definite in modo specifico, sembra però che la malattia sia legata a un’alterazione della sintesi e degradazione di una proteina detta APP, una proteina precursore della beta amiloide.
La proteina in questione si accumula in placche amiloidee che si depositano nel cervello e genera una condizione neurotossica che porta alla morte neuronale progressiva.
L’Alzheimer, nel 99% dei casi, si manifesta in maniera sporadica ovvero con pazienti che non hanno familiarità con la patologia, mentre solo nell’1% dei restanti casi è legato alla presenza di un gene alterato, come:
- PSEN1 e PSEN2, maggiormente legati all’insorgenza di Alzheimer giovanile;
- APOE-e4, legato all’Alzheimer di tipo tradizionale.
I fattori di rischio di questa malattia sono gli stessi di quelli cardiocircolatori come:
- obesità;
- ipertensione;
- ipercolesterolemia;
- fumo;
- alcool;
- diabete di tipo 2.
Sembra, inoltre, che le donne siano più soggette a sviluppare l’Alzheimer.
La diagnosi
Lo specialista, per emettere una diagnosi, sottopone il paziente a esami cerebrali quali:
- un esame di screening per escludere altre forme di demenza legate a patologie metaboliche o endocrine;
- una valutazione cognitive estensiva per valutare gravità e profilo dei disturbi cognitivi;
- PET con fluorode-sossiglucosio (Tomografia a emissione di positroni);
- La risonanza magnetica (RMN) ad alta definizione;
- puntura lombare.
Nello specifico la puntura lombare permette di misurare la presenza della proteina tau e della proteina beta amiloide nel liquido cerebrospinale.
Ovvero di verificare la presenza di quelle proteine che provocano la malattia.
Il percorso di cure per il morbo di Alzheimer
Non esistono attualmente terapie in grado di contrastare questa malattia: i trattamenti, infatti, sono di tipo preventivo, conservativo e farmacologico.
I farmaci disponibili e usati per combattere la patologia sono gli inibitori dell’acetilcolinesterasi che possono migliorare i sintomi e contrastare l’avanzamento della neurodegenerazione e la Memantina che agisce sui recettori NMDA ed è in grado di ridurre l’eccitotossicità neuronale
Terapia di supporto cognitivo
Tra le terapie non farmacologiche sembra avere risposte positive la ROT, ovvero la terapia di orientamento alla realtà, finalizzata a stimolare e orientare il paziente verso una comprensione maggiore della propria vita e lo spazio che lo circonda, tramite continui stimoli visivi, verbali, musicali e scritti.
La terapia è svolta da psicologi e terapisti occupazionali in un setting che può essere formale (in un ambiente specifico e organizzato) oppure informale.