L’angioplastica: intervento, tipologie, durata e convalescenza
L’angioplastica è un possibile trattamento nel caso di uno o più restringimenti significativi a livello delle coronarie, con conseguente riduzione del flusso sanguigno.
È una procedura non più diagnostica ma terapeutica, che si esegue però come la coronarografia.
L'angioplastica
L’angioplastica coronarica si esegue in presenza di un significativo restringimento del lume vasale, in genere maggiore del 80%, o in presenza di restringimenti intermedi, 40-80%, in cui però è documentata una riduzione del flusso sanguigno.
Nel caso di angioplastica, attraverso i cateteri utilizzati per raggiungere l’origine delle coronarie, si inseriscono piccoli palloncini gonfiabili a pressione (palloncino al cuore).
Tali palloncini avanzano fino a livello del restringimento coronarico e poi gonfiati con obiettivo di “schiacciare” la placca e allargare il lume compromesso.
Lo stent coronarico
Quasi sempre l'angioplastica viene poi completata con l’impianto di una protesi in lega metallica chiamata Stent coronarico impedisce alla placca di prolassare nuovamente all’interno del lume.
Il risultato è il pieno ripristino del flusso ematico a livello coronarico e l’abolizione dell’ischemia.
Lo Stent coronarico che si impianta attualmente è a rilascio di farmaco, lo Stent medicato, cioè ricoperto di uno speciale farmaco citostatico che impedisce o quanto meno riduce la ricrescita della placca aterosclerotica.
Il nostro centro ha a disposizione diversi tipi di Stent medicati di ultima generazione.
La scelta del tipo di Stent da impiantare viene operata di volta in volta cercando la migliore combinazione tra le peculiarità dello stesso, ad esempio lo spessore delle maglie e la flessibilità, e le caratteristiche della placca aterosclerotica, ad esempio, il grado di calcificazione e tortuosità.
Le tipologie di angioplastica
La complessità tecnica e la percentuale di successo dell’angioplastica variano in base alla severità della malattia aterosclerotica coronarica.
Non tutte le placche aterosclerotiche hanno la stessa composizione, ma variano in base alla componente:
- fibrotica;
- lipidica;
- calcifica.
In linea generale i palloncini che si utilizzano comunemente utilizzati per schiacciare la placca garantiscono il successo dell’angioplastica in più del 95% dei casi.
Per le placche aterosclerotiche più resistenti esistono comunque diverse tecniche e materiali aggiuntivi che garantiscono un risultato ottimale in oltre il 99% dei casi.
Per i casi di angioplastica più complessi, la tecnica e i materiali da utilizzare si programmano prima della procedura e i potenziali rischi/benefici si condividono sempre con il paziente.
In particolare, il nostro centro si avvale da anni di sofisticate tecniche di imaging:
- OCT: optical coherence tomography;
- IVUS: intra vascular ultrasound imaging,
per la corretta valutazione della aterosclerosi coronarica e la scelta dei materiali più adatti a garantire il successo procedurale.
Nel nostro centro si effettuano tutte le tecniche di angioplastica attualmente approvate come sicure, tra cui:
- angioplastica con elevate pressioni: consiste nell’utilizzo di speciali palloni in grado di raggiungere pressioni di 30 atmosfere per allargare anche le placche più resistenti);
- aterectomia rotazionale, “rotablator”: consiste nell’utilizzo di una fresa diamantata per la frantumazione delle placche particolarmente calcifiche;
- litotripsia, “shock-wave”: consiste nell’utilizzo di onde d’urto simili a quelle utilizzate per frantumare i calcoli renali;
- laserterapia: consiste nell’utilizzo di impulsi di raggi ultravioletti in grado di vaporizzare eventuali trombi intracoronarici.
La durata dell'intervento di angioplastica coronarica
La durata dell’angioplastica al cuore ovviamente è correlata alla complessità delle placche ateroscleortiche: da un minimo di mezz'ora ora fino a 2 ore.
Durante tutto l’esame il paziente rimane sveglio, e può interagire con i medici.
Al rientro in reparto la gestione è simile alla coronarografia per quanto riguarda la gestione dell’accesso arterioso e la mobilizzazione.
In più il paziente dovrà sottoporsi ad alcuni esami di controllo ematici, come la creatininemia per garantire una rapida dimissione in sicurezza.
In assenza di complicanze, il paziente esce dall'ospedale circa 24-36 ore dopo l’intervento di angioplastica.
Il dolore post-operatorio
Nelle fasi di gonfiaggio del palloncino e di impianto dello stent il vaso viene di fatto occluso per alcuni secondi causando una situazione di ischemia controllata e reversibile.
Rispetto alla coronarografia il paziente potrà quindi avvertire un fastidio o dolore al petto uguale a quello dell’angina.
In alcuni casi, tale dolore potrebbe protrarsi in forma anche dopo la fine dell’angioplastica, per circa mezz'ora ora al massimo.
Anche in questo caso, se il dolore dovesse essere più intenso o comunque mal tollerato dal paziente saranno prontamente somministrati dei farmaci analgesici.
Il tasso globale di complicanze durante l’angioplastica è maggiore rispetto alla coronarografia ma comunque raro.
La convalescenza dopo un'angioplastica
Al momento della dimissione verranno fornite al paziente tutte le informazioni utili in merito:
- alla terapia domiciliare;
- alla dieta;
- allo stile di vita da adottare.
Al paziente verranno inoltre proposti e programmati i successivi controlli ambulatoriali, in genere a:
- 1 mese;
- 6 mesi;
- 12 mesi,
presso un nostro ambulatorio dedicato.
Nel caso il paziente decida di esegue i successivi controlli presso il suo cardiologo o centro di riferimento, saranno comunque forniti i contatti per informarci del suo stato di salute o per qualunque altra necessità.
Questi controlli post-intervento di angioplastica sono fondamentali in quanto permettono di valutare l’efficacia dell’angioplastica nel lungo periodo.
I rischi
In una piccola percentuale dei casi, infatti, nonostante l’uso di stent medicati, la malattia aterosclerotica può riformarsi determinando una re-stenosi in grado di provocare nuovamente l’ischemia.
L’individuazione precoce della restenosi attraverso la valutazione dei sintomi o di esami non invasivi, come l'elettrocardiogramma sotto sforzo, è uno degli obiettivi dei controlli post-angioplastica e previene la possibilità di nuovi episodi di ischemia severa o infarto.
In caso di sospetta restenosi, il paziente si sottoporrà una nuova coronarografia e, in caso di conferma, un nuovo intervento di angioplastica.